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¡Mosquíto! vs Sgombero

Proprio in questi giorni, 5 anni fa, nasceva all’interno del Progetto Rebeldia Mosquito, un gruppo che si occupa di comunicazione, consumo critico e pubblicità. In questi anni abbiamo organizzato seminari divulgativi su consumo critico, sostenibilità alimentare e non solo, diritto all’acqua come fonte di vita e bene comune, ma anche su come funziona la macchina pubblicitaria e sui messaggi a cui il nostro contesto ci sottopone, dato che le immagini (ed i simboli che esse veicolano) sono in grado di orientare i nostri corsi di azione rispetto ai fenomeni che rappresentano. Il tempo passa, gli spazi cambiano e il Progetto cresce e cambia con essi, diventando quello che è ora: partecipazione, autogestione e orizzontalità delle decisioni sono il pane quotidiano delle 31 associazioni che attualmente fanno parte del Progetto Rebeldia, un mix di diversità che in questi anni ha dato luogo ad una progettualità politica e ad una serie di attività culturali, portate avanti insieme a tante altre realtà politiche ed associative del territorio.

Il nostro lavoro è divulgativo e teorico, ma l’essere parte di un progetto come Rebeldia, che al suo interno vede attività vere e proprie di consumo critico, che vanno dai Gruppi di acquisto solidale al riuso creativo di indumenti, ha sicuramente arricchito e reso più consapevole il nostro percorso.

Non siamo certo i primi a sostenere che la contaminazione sia la direzione da seguire per evitare scelte miopi che abbiano ripercussioni catastrofiche a lungo termine. Questo piccolo laboratorio di identità così diverse tra loro che nel tempo hanno imparato un linguaggio comune è ora concretamente in pericolo: il 15 gennaio si profila infatti il rischio di uno sgombero con la forza pubblica dei locali di via Battisti. In alcune città d’Italia, realtà associative di questo tipo sono state sostenute (basti pensare alla Città dell’Altra Economia a Roma), ma è soprattutto nei piccoli centri, dove probabilmente le dimensioni contenute non permettono grossi guadagni da parte di lobby di costruttori, che le istituzioni hanno colto come uno stimolo e non come una minaccia attività come quelle che si svolgono all’interno del Progetto. Non possiamo che pensare che chi ci vede come una minaccia abbia una percezione completamente miope. Il Progetto Rebeldia ha fatto di tutto (incontri, richieste protocollate, domande, chiarimenti, manifestazioni, tavoli tecnici, lettere) per trovare una soluzione concreta che potesse permettere di continuare le attività senza interruzioni e nella loro integrità. E non solo, anche esponenti del mondo della cultura, cittadini, studenti e la società civile tutta hanno caldeggiato una soluzione per il Progetto Rebeldia.

Ma pare che tutto questo non sia arrivato agli amministratori cittadini, che hanno continuato per anni a fare orecchie da mercante e a proporre autaut del tipo “prendere o lasciare” come quello di via Saragat, nonostante siano emerse criticità enormi, non ultima quella di “regalare” 300.000 euro di affitto ad un privato con soldi pubblici, in maniera tale che, alla fine del contratto, il privato gode pure di un immobile rimesso a nuovo e il pubblico rimane con un pugno di mosche. E poi si parla di penali. Inesistenti.

Come Mosquito, abbiamo discusso e condiviso tutte le decisioni del Progetto Rebeldia;  il 15 saremo in via Battisti a difendere un bene comune insieme a tutto il resto del Progetto e a tutta una Pisa “altra” che , in questi anni, ci ha appoggiato e con cui abbiamo collaborato.

¡Mosquíto!
Se pensi di essere troppo piccolo per fare la differenza, prova a dormire con una zanzara in una stanza chiusa.

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Lettera aperta al sindaco su McDonald’s

ronald obesoCaro Sindaco,
pochi mesi fa abbiamo letto con piacere sulla stampa locale una sua dichiarazione in merito allo spot della Coca-cola che aveva come protagonista la ormai famosa “Giulia di Pisa”.

Lei affermava:
“Tutti noi, ma soprattutto le generazioni future, devono essere messe in condizione di capire che o davvero, torniamo a consumare responsabilmente privilegiando i prodotti dei rispettivi territori e quelli di stagione oppure il pianeta sarà coperto di impianti dove si producono artificialmente fragole a dicembre, sommerso dai rifiuti e inquinato dai camion che trasportano gli ananas in Italia”
(il Tirreno, 31 maggio 2009).

Sicuramente è a conoscenza della prossima apertura di un McDonald’s a ridosso delle mura storiche di Piazza dei Miracoli: non si può certo dire che l’azienda sia un emblema di sostenibilità o responsabilità.

Anzi sono moltissime le obiezioni possibili.

Prendiamo ad esempio la questione dei rifiuti da lei citata: in che modo si concilia un fast food, dove tutto o quasi è usa e getta, con la volontà di ridurre la produzione di rifiuti?

Oppure vogliamo parlare di consumo responsabile?
Basta aver mangiato almeno una volta da McDonald’s per accorgersi che non vengono sicuramente privilegiati prodotti locali o di stagione (pomodori e cetrioli tutto l’anno…). Inoltre, che dire delle modalità di produzione del cibo?
Possiamo davvero definire “responsabile” in termini di inquinamento e salubrità la scelta sistematica di allevamenti intensivi, con i loro mangimi geneticamente modificati e l’uso smodato di ormoni e antibiotici?
Che dire poi della triturazione industriale in fase di macellazione, il cui impiego non è mai stato smentito dall’azienda, che invece continua a trincerasi dietro al “segreto industriale”?

Come lei ci insegna, Coca Cola fu il primo brand a introdurre la pratica dell’event marketing, ovvero l’associazione del logo di un’azienda ad una esperienza personale positiva.

Il fatto che un brand come McDonald’s diventi parte di Piazza dei Miracoli potenzia l’immagine di questa azienda, mentre quella di Pisa ne esce impoverita. Milioni di turisti ogni anno avranno un’esperienza omologata della visita alla città.

Non ci pare questo il modo di proporre Pisa e il suo patrimonio artistico.

Insomma, se c’è parso appropriato che il sindaco di Pisa richiamasse all’ordine Giulia, troviamo incoerente che non si abbia nulla da dire sul suo collega Ronald.

Gruppo ¡Mosquíto!
se pensi di essere troppo piccolo per fare la differenza prova a dormire in una stanza chiusa con una zanzara

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Alla Ricerca dell’Aula Perduta ovvero i Predatori della Democrazia Maledetta

1° Antefatto
Il gruppo Mosquito aveva da tempo organizzato un dibattito intitolato “teorie e tecniche della comunicazione pubblicitaria” per la serata del 23 ottobre nell’aula 1 della Facoltà di Scienze Politiche.

2° Antefatto
Il giorno prima, mercoledi 22 ottobre, il Presidente del Consiglio forse proprio perche’ in carica, annuncia delle cariche, ma della polizia contro gli studenti in agitazione.

A questo punto il lettore attento si chiederà: cosa c’entrano i due fatti?
poco o nulla vien da dire, ma a quanto pare c’e’ chi non la pensa così, dunque, andiamo avanti…

Torniamo a giovedì 23 ottobre, molti Presidi delle Facoltà  dell’Ateneo pisano sfilano per le vie della città assieme a studenti, ricercatori, precari e varie componenti della società  civile, manifestando per la difesa dell’Università  pubblica come luogo di libera elaborazione e fruizione del sapere.

A dimostrazione della sua cristallina coerenza e spavalda difesa della libertà d’espressione il Preside della Facoltà di Scienze Politiche, Claudio Palazzolo, decide che, all’interno della sua stessa Facoltà, la difesa di questo diritto pur non essendo in nessun modo in discussione, debba essere subordinata alle nuove direttive del Governissimo.

Infatti a poco meno di 12 ore dall’inizio del fatidico dibattito, il suddetto Preside nega improvvisamente la disponibilità dell’aula, nonostante la stessa fosse stata dallo stesso già concessa alcuni giorni prima.

Perchè? chiedono immediatamente quelli di Mosquito.

L’illustrissimo ha pronta la risposta: c’è un solo un piccolo problema di ordine tecnico, ovvero è impossibile garantire un servizio di vigilanza da parte dell’amministrazione di ateneo. Nessun interesse da parte sua di dove spostare l’iniziativa, che ricordiamo essere già fissata da tempo e in accordo con le Autorità accademiche.

A questo punto i ragazzacci di Mosquito, nell’impossibilità di rimandare l’iniziativa a causa del non sufficente preavviso, iniziano a meditare l’ipotesi di tenere lo stesso il dibattito in quell’aula, impedendo di fatto la chiusura della stessa.

Apriti cielo!

Palazzolo e Baggiani (immediatamente accorso, c’e’ chi dice in suo soccorso) scoprono le reali motivazioni del rifiuto dell’aula della discordia: a seguito delle gravissime minacce del Presidente del Consiglio di repressione violenta di un movimento che fino a questo momento si è dimostrato assolutamente pacifico e delle successive surreali quanto ciniche dichiarazioni dell’ex Presidente della Repubblica Cossiga, le istituzioni (a partire dal Rettore e da lì a scendere lungo la catena gerarchica dell’universita) hanno preferito sbarrare le porte di tutte le facoltà.

Come? Cosa? Dove? Perchè? gli fanno eco i ragazzacci di cui sopra “beh lasciamo perdere, ma l’iniziativa s’ha da fare” (n.d.r. che quelli si sa sono duri come le pine verdi!)

Com’è come non è improvvisamente, la sicumera dipinta sui volti delle illustri autorità lascia spazio ad ampi sorrisi e a grande disponibilità per trovare una soluzione logistica al problema che loro stessi avevano causato con il loro diniego, e per farla breve l’iniziativa si è poi svolta in un’aula dell’università  esterna alla Facoltà di Scienze Politiche proprio perchè, a detta dello stesso Preside, tale spazio non rivestiva alcun “valore simbolico”.

Beh, insomma, l’iniziativa s’e’ svolta, e nonostante tutti gli intoppi è stata anche interessante.

Resta purtroppo il sapore un po’ amarognolo nella bocca di chi si sarebbe aspettato che, a maggior ragione dopo le dichiarazioni del Presidentissimo Berlusconi, il Rettore e il Preside di Scienze Politiche, difendessero la libertà di manifestare e di esprimersi, spalancando le porte dell’Università per promuovere iniziative culturali già in programma, ma soprattutto momenti di dibattito, riflessione critica. Che in qualche modo ci fosse una reazione all’attacco su ogni fronte che la libertà di pensiero e di espressione sta subendo in questa fase storica il nostro paese.

A questo punto ci interroghiamo e interroghiamo le Istituzioni universitarie e il Preside Palazzolo sul significato “simbolico” dell’università.
Noi siamo convinti che dovrebbe essere simbolo di autonomia di pensiero e di libertà di critica, libera da ogni pressione esercitata dal potere di turno.

Per questo pensiamo che sarebbe servito un “atto di disobbedienza” lasciando aperte le porte della facoltà. Al contrario, il capo chino di fronte all’ordine di ostacolare i momenti di dibattito, le istituzioni del nostro Ateneo dimostra di avvallare, consapevolmente o meno, un’idea di università , quale è quella più volte proclamata dall’attuale Governo e da quelli che l’hanno preceduto.

Una Università in cui gli studenti sono concepiti solo come prodotti per il futuro mercato del lavoro e non come cittadini capaci di relazionarsi alla realtà e al mondo con coscienza critica e consapevolezza.

Non possiamo quindi che congratularci vivamente col Preside di Scienze Politiche per le sue indiscutibili funamboliche capacità di sostenere formalmente la protesta del movimento studentesco sfilando nei cortei, mentre di fatto collabora al soffocamento del movimento stesso accettando le prescrizioni del governo a cui dovrebbero opporsi.

Per carità, non è successo niente di grave, speriamo solo sia un fatto isolato e non il sintomo di qualcosa di peggio
Dormi sonni tranquilli caro Preside…
…che si sa: le zanzare pungono di notte!!!

¡Mosquíto!
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